La giornata più ricca e articolata di JRF si apre al Circolo dei Lettori con il vivacissimo panel “Stay Black”, che partendo da suggestioni strettamente musicali è approdato ad una interessante disamina della situazione della black culture nella società contemporanea, concentrandosi sulla rappresentazione (stereotipata? approssimativa? assente?) della blackness da parte dei nuovi media. Un talk tra “addetti ai lavori” – coordinati e moderati con grande garbo dal nostro Damir Ivic – si è trasformato in un importante momento di confronto con il pubblico, all’insegna di quella contaminazione, di quella voglia di abbattere gli steccati che è alla base della filosofia del festival.
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Poi, dalle 19, si attacca la spina del groove, che non si fermerà fino alle prime luci dell’alba.
Da incorniciare la performance di James Holden allo Scuola Holden (“Welcome to the School of Holden” ironizza il producer britannico divertito dal gioco di parole) che accompagnato da un ensemble di percussioni e fiati regala una performance onirica e sciamanica.
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Difficile raccontare l’atmosfera di euforia collettiva della folla oceanica che ha riempito – letteralmente – il Cap10100 per il concerto di Tony Allen: il live del Maestro è pura magia e il boato assordante del pubblico che a fine concerto invoca il bis (prontamente concesso) riempe il cuore della grande famiglia di Jazz:Re:Found.
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Infine, si battezza l’ultima location del festival, il Teatro della Concordia di Venaria: gli Underground Resistance riempiono il palco suonando techno come fossero un’orchestra, Joe Claussell ci ipnotizza con il suo rituale voodoo mentre al piano di sopra la house di Soichi Terada ha un tocco freak assolutamente irresistibile. Il weekend lungo di Jazz:Re:Found continua.
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Photo by Francesco Stella